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Sto modellando la tua ombra.
Le ho già tolto le labbra,
rosse e dure: bruciavano.
Te le avrei baciate
ancora molte volte.
Ti fermo poi le braccia,
lunghe nervose, rapide.
Mi offrivano la via
perché io ti stringessi.
Ti strappo il colore, la forma.
Ti uccido il passo. Venivi
dritta verso di me. Ciò che
piú mi ha fatto soffrire,
quando l’ho messa a tacere,
è la tua voce. Densa, calda,
piú palpabile del tuo corpo.
Ma stava ormai per tradirci.
Cosí
il mio amore è libero, affrancato,
con la tua ombra spoglia di carne.
E posso vivere in te,
senza temere
ciò che desidero di piú,
il tuo bacio, i tuoi abbracci.
Non pensare ormai ad altro
che alle labbra, alla voce,
al corpo,
che io stesso ti ho sottratto
per potere, senza di loro infine,
amarti.
Io, che li amavo tanto!
E stringere all’infinito, senza pena
– mentre se ne va inafferrabile,
e dietro a lei il mio grande amore,
la carne per il suo cammino –
il tuo solo corpo possibile:
il tuo dolce corpo pensato.
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