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Ieri, a quest'ora, eravamo ancora insieme.
Ora, è più duro. Più duro che al momento di lasciarci.
Sto molto male, Signore, questa sera, e sono molto solo.
Il male si risveglia, lentamente, come quando si esce da un'anestesia.
E sapevo che sarebbe successo così.
Sul momento, non ci si rende mai ben conto. Non è che dopo, quando sono passate ventiquattr'ore......
Non so che cos'altro ti dirò, Signore, se non che sto male.
Ieri a quest'ora...
Mano a mano che s'avvicinava l'ora della partenza, sentivo assai bene che il più duro sarebbe stato continuare a vivere domani, quando fossero passate ventiquattr'ore
Continuare a vivere, Signore, proprio quando non si ha più nessun gusto, nessuna gioia.
Tutto mi è indifferente in questo momento.
Nel corridoio del treno mi dicevo che, ormai, nulla potrebbe più interessarmi.
Ora, più niente potrebbe farmi soffrire.
Ho desiderato ardentemente di non attaccarmi più a nulla, per non dover più soffrire. Mi sono detto: "Se potesse essere l'ultima volta...".
Oh! Signore, se le cose e le persone potessero perdere questo potere che hanno di prendermi e di attaccarmi a loro!
Poiché questa ultima vicinanza mi è stata negata, mi dicevo che in fondo, era venuta l'ora di liberarmi dal potere dell'amare.
Ma poi, o Signore, mi domando, se era giusto ragionare così.
Chiudermi agli altri per non correre il rischio di dovere un giorno soffrire...
Evidentemente, sarebbe "una soluzione", non originale, d'altra parte, vecchia come la saggezza pagana, vecchia come la ribellione del cuore di fronte al tormento dell'assenza.
Ma è pervasa da troppa collera, da troppo dolore, perché sia vera, pura e semplice come in tuo Vangelo.
Signore, questa sera, farei meglio a lavorare, a distrarmi. E provare a dormire.
Domani, vedremo.
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