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"Noi abbiamo perduto il senso che i cristiani non possono vivere come vive chiunque.
L'opinione stolta secondo cui non esisterebbe una specifica morale cristiana è solo una espressione particolarmente spinta della perdita di un concetto base: la "differenza del cristiano" rispetto ai modelli del mondo.
Anche in alcuni ordini e congregazioni religiose si è scambiata la vera riforma con il rilassamento della austerità tradizionale. S'è scambiato il rinnovamento con l'accomodamento.
Per fare un piccolo esempio preciso: un religioso mi ha riferito che la dissoluzione del suo convento era cominciata -
Ebbene, questo indubbio ma significativo "sacrificio" era stato sostituito con uno stare a guardare la televisione sino a notte avanzata. Un piccolo caso, in apparenza: ma è anche di questi "piccoli casi" che è fatto il declino attuale della indispensabile austerità della vita cristiana. A cominciare da quella dei religiosi".
Oggi più che mai il cristiano deve essere conscio di appartenere a una minoranza e di essere in contrasto con ciò che appare buono, ovvio, logico per lo "spirito del mondo", come lo chiama il Nuovo Testamento.
Tra i compiti più urgenti per il cristiano, c'è il recupero della capacità di opporsi a molte tendenze della cultura circostante, rinunziando a certa solidarietà troppo euforica post-
Dunque, accanto alla Gaudium et spes (il testo del Concilio sui rapporti tra Chiesa e mondo) possiamo ancora tenere l'Imitazione di Cristo.
Si tratta, ovviamente, di due spiritualità molto diverse. L'Imitazione è un testo che rispecchia la grande tradizione monastica medievale.
Ma il Vaticano II non voleva affatto togliere le cose buone ai buoni. (...) occorre una nuova evidenza, una nuova gioia, se posso dire una nuova "fierezza" (che non contrasta con l'umiltà indispensabile) di essere cattolici."
(Rapporto sulla Fede, 1985 cap. ottavo)