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San Carlo Borroneo, cardinale di Santa Romana Chiesa, arcivescovo di Milano e confessore, eminente nella sua santità e famoso per i suoi miracoli. Egli fu iscritto da Papa Paolo V nel catalogo dei santi. Volò al cielo la veglia di questo giorno a Milano.
San Carlo Borromeo, vescovo, patrono dei seminaristi e dei direttori spirituali. Nacque nel 1538 ad Arona, nella famiglia dei Borromeo, padroni del Lago Maggiore e di molte terre confinanti. Era il secondogenito del conte Gilberto e quindi, come usava allora, fu tonsurato a dodici anni, cioè avviato alla vita del sacerdozio. Il ragazzo si appassionò subito al proprio destino e, già nel corso dei suoi studi a Pavia, diede indubbia prova delle sue doti intellettuali.
All’età di 22 anni, papa Pio IV lo chiamò a Roma per farlo diventare cardinale e da lì a poco gli onori e le prebende (le rendite assegnate agli ecclesiastici) piovvero abbondanti sul suo capo. Il giovane cardinale, amante dello studio e rivelatosi presto un gran lavoratore, fu inviato al Concilio di Trento, ritenendo la sua opera indispensabile per attuare le direttive conciliari. Quando il fratello maggiore morì avrebbe potuto chiedere la secolarizzazione, cioè l’abbandono dello stato ecclesiastico a favore di quello laicale, per mettersi a capo della sua famiglia, invece scelse di mantenere la strada intrapresa e fu consacrato arcivescovo a soli venticinque anni, nel 1563, entrando trionfalmente a Milano, destinata a diventare il fulcro della sua attività apostolica.
Carlo fondò seminari, fece edificare ospedali e ospizi, donò i beni di famiglia ai meno abbienti e si schierò in difesa dei diritti della Chiesa contro i potenti. Reintrodusse l’ordine e la disciplina negli istituti religiosi, e lo fece con tale rigore ed energia da essere aggredito, per mano di un indegno frate, mentre stava pregando nella sua cappella. Durante la terribile peste del 1576 Carlo assistette personalmente i malati e ispirò nuove confraternite religiose, di opere pie, di istituti benefici contrassegnate da una sola parola: umiltà. A causa di questa intensa attività si indebolì fisicamente e morì il 4 novembre 1584, il grande arcivescovo di Milano lasciò ai Milanesi la memoria di una santità seconda soltanto a quella di san Ambrogio.