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da "Gesù di Nazaret"



..."Beati gli afflitti, perché saranno consolati". E' bene essere afflitti e chiamare beata l'afflizione? Ci sono due tipi di afflizione: una che ha perso la speranza, che non si fida più dell'amore e della verità e quindi insidia e distrugge l'uomo dall'interno; ma c'è anche l'afflizione che deriva dalla scossa provocata dalla verità e porta l'uomo alla conversione, alla resistenza di fronte al male. Questa afflizione risana, perché insegna all'uomo a sperare e ad amare di nuovo. Un esempio del primo tipo di afflizione è Giuda che - colpito dallo sgomento per la sua caduta - non osa più sperare e si impicca in preda alla disperazione. Al secondo genere appartiene l'afflizione di Pietro che, colpito dallo sguardo del Signore, scoppia in lacrime risanatrici: solcano il terreno della sua anima. Ricomincia da capo e diventa un uomo nuovo...
Sono persone che non seguono il branco, che non si lasciano coinvolgere con spirito gregario in una ingiustizia divenuta normale, ma ne soffrono. Anche se non sta in loro potere di cambiare la sua situazione nel suo insieme, oppongono tuttavia al dominio del male la resistenza passiva della sofferenza - l'afflizione che pone un limite al potere del male...

Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 



...La povertà di cui si parla [nelle Beatitudini] non è mai un fenomeno puramente materiale. La povertà puramente materiale non salva, anche se di certo gli svantaggi di questo mondo possono contare in modo molto particolare sulla bontà divina. Ma il cuore delle persone che non posseggono niente può essere indurito, avvelenato, malvagio - colmo all'interno di avidità di possesso, dimentico di Dio e bramoso solo di beni materiali.
D'altra parte, la povertà di cui lì si parla non è neanche un atteggiamento puramente spirituale. Certo, la radicalità a noi proposta dalla vita di tanti autentici cristiani, a cominciare dal padre del monachesimo Antonio a Francesco d'Assisi fino ai poveri esemplari del nostro secolo, non è vocazione di tutti. Ma la Chiesa, per essere comunità dei poveri di Gesù, ha sempre bisogno di persone che sappiano compiere grandi rinunce; ha bisogno delle comunità che le seguano, che vivano la povertà e la semplicità e mostrino così la verità delle Beatitudini per scuotere tutti affinché intendano il possesso solo come servizio, affinché si contrappongano alla cultura dell'avere in nome di una cultura della libertà interiore e creino in questo modo i presupposti della giustizia sociale...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 



...Giovanni riunisce in una sola parola croce e risurrezione, croce ed elevazione, perché per lui in realtà l'una è inseparabile dall'altra. La croce è l'atto dell' "esodo", l'atto di quell'amore che si prende sul serio fino all'estremo e va sino alla "fine", e per questo essa è il luogo della gloria, il luogo del vero contatto e della vera unione con Dio, che è Amore, In questa visione giovannea è quindi ultimamente condensato e reso accessibile alla nostra comprensione ciò che significano i paradossi del Discorso della montagna.
Lo sguardo su Paolo e Giovanni ci ha rese evidenti due verità: le Beatitudini esprimono ciò che significa discepolato...Il discepolo è legato al mistero di Cristo. La sua vita è immersa nella comunione con Lui: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me"...
Chi legge con attenzione il testo di Matteo si rende conto che le Beatitudini sono come una nascosta biografia interiore di Gesù, un ritratto della sua figura. Egli, che non ha dove posare il capo, è il vero povero; Egli, che può dire di sé: venite a me perché sono mite e umile di cuore, è il vero mite; il vero puro di cuore e per questo contempla senza interruzione Dio. E' l'operatore di pace, è colui che soffre per amore di Dio: nelle Beatitudini si manifesta il mistero di Cristo stesso, ed esse ci chiamano alla comunione con Lui. Ma proprio per questo nascosto carattere cristologico, le Beatitudini sono dei segnali che indicano la strada anche alla Chiesa, che in esse deve riconoscere il suo modello, indicazioni per la sequela che interessano ogni fedele...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 



...La discordia con Dio è il punto di partenza di tutti gli avvelenamenti dell'uomo; il suo superamento costituisce il presupposto fondamentale della pace nel mondo. Solo l'uomo riconciliato con Dio può essere riconciliato e in armonia anche con se steso e solo l'uomo riconciliato con Dio e con se stesso può portare la pace intorno a sé e in tutto il mondo. L'eco del contesto politico che si percepisce sia nel racconto lucano dell'infanzia di Gesù sia qui, nelle Beatitudini di Matteo, mostra però l'intera portata di questa parola. Che vi sia pace sulla terra è volontà di Dio e così è anche un compito affidato all'uomo. Il cristianesimo sa che il perdurare della pace è legato al fatto che l'uomo si trovi nell' "eudokìa" di Dio, nel suo "beneplacito". L'impegno per stare in pace con Dio è una parte imprescindibile dell'impegno per la "pace sulla terra"; di lì derivano i criteri e le forze necessarie per questo impegno. Laddove l'uomo perde di vista Dio, anche la pace decade e la violenza prende il sopravvento con forme di crudeltà prima inimmaginabili: lo vediamo oggi in modo fin troppo chiaro...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Riferite alla comunità dei discepoli di Gesù, le Beatitudini rappresentano dei paradossi: i criteri mondani vengono capovolti non appena la realtà è guardata nella giusta prospettiva, ovvero dal punto di vista della scala dei valori di Dio, che è diversa dalla scala dei valori del mondo. Proprio coloro che secondo i criteri mondani vengono considerati poveri e perduti sono i veri fortunati, i benedetti, e possono rallegrarsi e giubilare nonostante tutte le loro sofferenze. Le Beatitudini sono promesse nelle quali risplende la nuova immagine del mondo e dell'uomo che Gesù inaugura, il "rovesciamento dei valori". Sono promesse escatologiche; questa espressione tuttavia non deve essere intesa nel senso che la gioia che annunciano sia spostata in un futuro infinitamente lontano o esclusivamente nell'aldilà. Se l'uomo comincia a guardare e a vivere a partire da Dio, se cammina in compagnia di Gesù, allora vive secondo nuovi criteri e allora un po' di "éschaton", di ciò che deve venire, è già presente adesso. A partire da Gesù entra gioia nella tribolazione.
I paradossi presentati da Gesù nelle Beatitudini esprimono la vera situazione del credente nel mondo...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Quale che fosse l'altura della "montagna delle Beatitudini" - essa era certo contraddistinta da un po' di questa pace e di questa bellezza. La svolta dell'esperienza del Sinai, concessa a Elia, il quale aveva sentito il passaggio di Dio non nel vento impetuoso né nel terremoto né nel fuoco, ma in un dolce leggero soffio, trova qui il suo compimento. La potenza di Dio si manifesta ora nella sua mitezza, la sua grandezza nella sua semplicità e vicinanza. In realtà - non è meno abissale. Ciò che prima si era espresso in vento impetuoso, terremoto e fuoco, prende ora la forma della croce, del Dio sofferente, che ci chiama a entrare in questo fuoco misterioso, il fuoco dell'amore crocifisso: "Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno..." (Mt 5,11). Di fronte alla potenza della rivelazione sul Sinai, il popolo si spaventò a tal punto che disse a Mosè: "Parla tu a noi e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio altrimenti moriremo!" (Es 20,19).
Ora Dio parla molto da vicino, da uomo agli uomini. Ora scende fin nel profondo delle loro sofferenze, ma proprio anche questo avrà, e ha sempre di nuovo, la conseguenza che gli ascoltatori - ascoltatori che tuttavia si credono discepoli - dicono: "Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?" (Gv 6,60). Anche la nuova bontà del Signore non è acqua zuccherata. Lo scandalo della croce è per molti più insopportabile di quanto lo era una volta il tuono del Sinai per gli israeliti. Sì, essi avevano ragione a dire: se Dio parla con noi "moriremo". Senza un "morire", senza il naufragio di ciò che è soltanto nostro, non c'è comunione con Dio, non c'è redenzione...
Dovrebbe essere ormai chiaro che il Discorso della montagna è la nuova Torah, portata da Gesù...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Attraverso la sua presenza e la sua attività Dio è entrato nella storia in modo completamente nuovo qui e ora come Colui che opera. Per questo è ora "tempo compiuto"; per questo è ora, in un modo del tutto particolare, tempo di conversione e di penitenza, come anche tempo di gioia, perché in Gesù Dio viene incontro a noi. In Lui ora Dio è Colui che opera e regna - regna in modo divino, cioè senza potere mondano, regna con l'amore che va "sino alla fine" (Gv 13,1), sino alla croce. A partire da questo dato centrale si congiungono i diversi aspetti, apparentemente contraddittori. A partire da qui capiamo le affermazioni sull'umiltà e sul nascondimento del regno; da qui l'immagine di fondo del seme...; da qui anche l'invito al coraggio della sequela, che abbandona tutto il resto. Egli stesso è il tesoro, la comunione con Lui la perla preziosa.
Da qui si chiarisce anche la tensione tra "ethos" e "grazia", tra il personalismo più stretto e la chiamata a far parte di una nuova famiglia...
Il fariseo può vantarsi di considerevoli virtù; egli racconta a Dio di se stesso soltanto e, lodandosi, crede di lodare Dio. Il pubblicano sa dei suoi peccati, si rende conto di non potersi vantare dinanzi a Dio e, nella consapevolezza della sua colpa, chiede grazia. Significa forse questo che l'uno impersona "l'ethos" e l'altro la grazia senza "l'ethos" o contro "l'ethos"? In realtà non si tratta della domanda: ethos sì o no, ma di due modi di porsi davanti a Dio e a se stessi. L'uno, in fondo, non guarda Dio, ma solo se stesso; egli, in fin dei conti, non ha bisogno di Dio perché fa tutto giusto da sé. Non esiste un vero rapporto con Dio, che in ultima istanza è superfluo - basta il proprio agire. Quell'uomo si giustifica da solo. L'altro invece si vede a partire da Dio. Ha rivolto lo sguardo a Dio e in questo gli si è aperto lo sguardo su se stesso. Sa così di aver bisogno di Dio e di vivere della sua bontà che non può ottenere per forza, che non può procurarsi da solo. Sa di aver bisogno di misericordia e così si metterà a scuola della misericordia di Dio per diventare lui stesso misericordioso e in ciò simile a Dio. Egli vive grazie alla relazione, all'essere gratificato di un dono; avrà sempre bisogno del dono della bontà, del perdono, ma da ciò imparerà sempre anche a trasmetterlo. La grazia che implora non lo dispensa dall'ethos. Solo essa lo rende capace di fare veramente il bene. Ha bisogno di Dio, e poiché lo riconosce, a partire dalla bontà divina comincia a diventare lui steso buono. L'ethos non viene negato, viene solo liberato dalla stretta del moralismo e collocato nel contesto di un rapporto di amore, del rapporto con Dio; così l'ethos giunge ad essere veramente se stesso...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -


...Luca (17,20s) ci dice: Gesù "interrogato dai farisei: "Quando verrà il regno di Dio?", rispose: "Il regno di Dio non viene in modo che lo si possa osservare [da spettatori neutrali!], e nessuno dirà: Eccolo qui, o eccolo là. Perché ecco: il regno di Dio è in mezzo a voi!". Nelle interpretazioni di questo testo incontriamo di nuovo le diverse correnti secondo cui è stato interpretato in generale il "regno di Dio"....
C'è l'interpretazione "idealistica", che ci dice: il regno di Dio non è una realtà esteriore, ma è collocato nell'interiorità dell'uomo...In questa spiegazione c'è del vero, ma anche dal punto di vista linguistico essa è inadeguata. Poi c'è l'interpretazione nel senso dell'attesa ravvicinata che afferma: il regno di Dio non viene lentamente così che lo si possa osservare; arriva, invece, all'improvviso. Ma questa interpretazione non ha alcun fondamento nella lettera del testo. Perciò ora prevale sempre più la tendenza secondo la quale con queste parole Cristo si riferisce a se stesso. Egli, che è in mezzo a noi, è il "regno di Dio", solo che noi non lo conosciamo...il "regno" non è semplicemente presente nella presenza fisica di Gesù, ma mediante il suo operare nello Spirito Santo. In questo senso il regno di Dio, in Lui e attraverso di Lui, qui e ora, diventa presenza, "si avvicina"...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Tutto dipende da come dobbiamo interpretare l'espressione "regno di Dio" pronunciata da Gesù, in che rapporto stia con Lui, l'annunciatore: è solo un messaggero che deve sostenere una causa in ultima istanza indipendente da Lui, o il messaggero è Lui stesso il messaggio?...La questione fondamentale riguarda in realtà il rapporto tra il Regno di Dio e Cristo: da questo dipende poi come dobbiamo intendere la Chiesa [...]
Con parole più esplicite possiamo dire: parlando del regno di Dio, Gesù annuncia semplicemente Dio, cioè il Dio vivente, che è in grado di operare concretamente nel mondo e nella storia e proprio adesso sta operando. Ci dice: Dio esiste. E ancora: Dio e veramente Dio, vale a dire, Egli tiene in mano le fila del mondo. In questo senso il messaggio di Gesù è molto semplice, è del tutto teocentrico. L'aspetto nuovo ed esclusivo del suo messaggio consiste nel fatto che Egli ci dice: Dio agisce adesso - è questa l'ora in cui Dio, in un modo che va oltre ogni precedente modalità, si rivela nella storia come il suo stesso Signore, come il Dio vivente. Pertanto la traduzione "regno di Dio" è inadeguata, sarebbe meglio parlare dell' "essere Signore" di Dio oppure della signoria di Dio...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Di recente la parola "vangelo" è stata tradotta con l'espressione "buona novella". Suona bene, ma resta molto al di sotto dell'ordine di grandezza inteso dalla parole "vangelo". Questa parola appartiene al linguaggio degli imperatori romani che si consideravano signori del mondo, suoi salvatori e redentori. I proclami provenienti dall'imperatore si chiamavano "vangeli", indipendentemente dalla questione se il loro contenuto fosse particolarmente lieto e piacevole. Ciò che viene dall'imperatore - era l'idea soggiacente - è il messaggio salvifico, non è semplicemente notizia, ma trasformazione del mondo verso il bene.
Se gli evangelisti riprendono questa parola, tanto che a partire da quel momento diventa il termine per definire il genere dei loro scritti, è perché vogliono dire: quello che gli imperatori, che si fanno passare per dèi, pretendono a torto, qui accade veramente: un messaggio autorevole, che non è solo parola, ma realtà. Nell'odierno vocabolario proprio della teoria del linguaggio si direbbe: il Vangelo è discorso non solo informativo, ma operativo, non è solo comunicazione, ma azione, forza efficace, che entra nel mondo salvandolo e trasformandolo. Marco parla del "Vangelo di Dio"; non sono gli imperatori che possono salvare il mondo, bensì Dio. E qui si manifesta la parola di Dio che è parola efficace; qui accade davvero ciò che gli imperatori solo pretendono, senza poterlo adempiere. Perché qui entra in azione il vero Signore del mondo: il Dio vivente...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -


...Qui sorge però la grande domanda che ci accompagnerà per tutto questo libro: ma che cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Che cosa ha portato?
La risposta è molto semplice: Dio. Ha portato Dio. Quel Dio, il cui volto si era prima manifestato a poco a poco da Abramo fino alla letteratura sapienziale, passando per Mosè e i Profeti - quel Dio che solo in Israele aveva mostrato il suo volto e che, pur sotto molteplici ombre, era stato onorato nel mondo delle genti - questo Dio, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio vero Egli ha portato ai popoli della terra.
Ha portato Dio: ora noi conosciamo il suo volto, ora noi possiamo invocarlo. Ora conosciamo la strada che, come uomini, dobbiamo prendere in questo mondo. Gesù ha portato Dio e con Lui la verità sul nostro destino e la nostra provenienza; la fede, la speranza e l'amore. Solo la nostra durezza di cuore ci fa ritenere che ciò sia poco. Sì, il potere di Dio nel mondo è silenzioso, ma è il potere vero, duraturo. La causa di Dio sembra trovarsi continuamente come in agonia. Ma si dimostra sempre come ciò che veramente permane e salva. I regni del mondo, che Satana poté allora mostrare al Signore, nel frattempo sono tutti crollati. La loro gloria, la loro "doxa", si è dimostrata apparente. Ma la gloria di Cristo, la gloria umile e disposta a soffrire, la gloria del suo amore non è tramontata e non tramonta...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -


...Se noi oggi dovessimo scegliere, Gesù di Nazaret, il Figlio di Maria, il Figlio del Padre, avrebbe qualche possibilità? Ma noi conosciamo davvero Gesù? Lo capiamo? Non dobbiamo forse impegnarci a conoscerlo in un modo completamente nuovo, ieri come oggi? Il tentatore non è così rozzo da proporci direttamente di adorare il diavolo. Ci propone soltanto di deciderci per ciò che è razionale, per la priorità di un mondo pianificato e organizzato, in cui Dio, come questione privata, può avere un suo posto, ma non deve interferire nei nostri propositi essenziali [...]
Ma non continuiamo tutti a dire ininterrottamente a Gesù che il suo messaggio porta a contraddire le opinioni predominanti e così rischia l'insuccesso, la sofferenza, la persecuzione? L'impero cristiano o il papato mondano oggi non costituiscono più una tentazione, ma interpretare il cristianesimo come una ricetta per il progresso e riconoscere il comune benessere come il vero scopo di ogni religione e così anche di quella cristiana, questa è la forma nuova della medesima tentazione. Essa appare oggi sotto le vesti della domanda: Ma che cosa ha portato Gesù, se non ha fatto emergere un mondo migliore? Non deve forse essere questo il contenuto della speranza messianica?....

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Veniamo alla terza e ultima tentazione, il culmine di tutto il racconto. Il diavolo conduce il Signore in visione su un alto monte. Gli mostra tutti i regni della terra e il loro splendore e gli offre il dominio del mondo. Non è proprio questa la missione del Messia? Non deve essere proprio Lui il re del mondo che riunisce tutta la terra in un grande regno della pace e del benessere? Come la tentazione del pane ha due singolari corrispettivi - la moltiplicazione dei pani e l'Ultima Cena -, così accade anche qui.
Il Signore risorto raduna i suoi "sul monte". E in quel momento dice effettivamente: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra" (Mt 28,18). Due aspetti qui sono nuovi e diversi: il Signore ha il potere in cielo e in terra. E solo chi ha tutto questo potere ha il potere autentico, il potere salvifico. Senza il cielo, il potere terreno resta sempre ambiguo e fragile. Solo il potere che si pone sotto il criterio e sotto il giudizio del cielo, cioè di Dio, può diventare potere a fin di bene. E solo il potere che sta sotto la benedizione di Dio può essere affidabile.
A questo aspetto si aggiunge l'altro: Gesù ha questo potere in quanto risorto, che significa: questo potere presuppone la croce, presuppone la sua morte. Presuppone l'altro monte - il Golgota - dove muore appeso alla croce, deriso dagli uomini e abbandonato dai suoi...Il regno di Cristo è diverso dai regni della terra e dal loro splendore...Cresce attraverso l'umiltà della predicazione in coloro che acconsentono a farsi suoi discepoli...
Ma torniamo alla tentazione. Il suo vero contenuto diventa visibile, quando constatiamo come prenda sempre nuova forma nel corso della storia.L'impero cristiano cercò ben presto di trasformare la fede in un fattore politico per l'unità dell'impero. Il regno di Cristo doveva dunque prendere la forma di un regno politico e militare. Nel corso dei secoli questa tentazione - assicurare la fede mediante il potere - si è ripresentata continuamente, in forme diverse, e la fede ha sempre corso il rischio di essere soffocata proprio dall'abbraccio del potere. La lotta per la libertà della Chiesa, la lotta perché il regno di Gesù non può essere identificato con alcuna struttura politica, deve essere condotta in tutti i secoli. La fusione tra fede e potere politico, infatti, ha sempre, un prezzo: la fede si mette al servizio del potere e deve piegarsi ai suoi criteri...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Veniamo alla seconda tentazione di Gesù, il cui significato esemplare sotto diversi aspetti è il più difficile da comprendere. La tentazione è da intendersi come una sorta di visione, in cui però è riassunta una realtà, una particolare minaccia per l'uomo e per l'incarico di Gesù. Anzitutto c'è qualcosa di strano. Per attirare Gesù nella sua trappola il diavolo cita la Sacra Scrittura. Cita il Salmo 91,11s che parla della protezione che Dio garantisce all'uomo fedele: "Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede"...
L'intero colloquio della seconda tentazione si configura come un dibattito tra due esperti della Scrittura...
Oggi la Bibbia viene assoggettata da molti al criterio della cosiddetta visione moderna del mondo, il cui dogma fondamentale è che Dio non può affatto agire nella storia - che dunque tutto ciò che riguarda Dio deve essere collocato nell'ambito del soggettivo. Allora la Bibbia non parla più di Dio, del Dio vivente, ma parliamo solo noi stessi e decidiamo che cosa Dio può fare e che cosa vogliamo o dobbiamo fare noi. E l'Anticristo ci dice allora, in atteggiamento di grande erudito, che un'esegesi che legga la Bibbia nella prospettiva della fede nel Dio vivente, prestandogli ascolto, è fondamentalismo; solo la "sua" esegesi, l'esegesi ritenuta autenticamente scientifica, in cui Dio stesso non dice niente e non ha niente da dire, è al passo con i tempi.
La disputa teologica fra Gesù e il diavolo è una disputa che riguarda ogni epoca e ha come oggetto la corretta interpretazione biblica, la cui domanda ermeneutica fondamentale è la domanda circa l'immagine di Dio. La disputa sull'interpretazione è in ultima istanza una discussione su chi è Dio. Questa discussione intorno all'immagine di Dio, di cui si tratta nella disputa sulla corretta interpretazione della Scrittura, si decide però concretamente nell'immagine di Cristo: Egli, che è rimasto senza potere mondano, è davvero il Figlio del Dio vivente?....

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Matteo e Luca narrano di tre tentazioni in cui si rispecchia la lotta interiore di Gesù per la sua missione, ma nello stesso tempo affiora anche la domanda su ciò che conta davvero nella vita degli uomini. Qui appare chiaro il nocciolo di ogni tentazione: rimuovere Dio, che di fronte a tutto ciò che nella nostra vita appare più urgente sembra secondario, se non superfluo e fastidioso. Mettere ordine da soli nel mondo, senza Dio, contare soltanto sulle proprie capacità, riconoscere come vere solo le realtà politiche e materiali e lasciare da parte Dio come illusione, è la tentazione che ci minaccia in molteplici forme.
Della natura delle tentazioni fa parte la sua apparenza morale: non ci invita direttamente a compiere il male, sarebbe troppo rozzo. Fa finta di indicarci il meglio: abbandonare finalmente le illusioni e impiegare efficacemente le nostre forze per migliorare il mondo. Si presenta, inoltre, sotto la pretesa del vero realismo. Il reale è ciò che si constata: potere e pane. A confronto le cose di Dio appaiono irreali, un mondo secondario di cui non c'è veramente bisogno.
E' in gioco Dio: è vero o no che Lui è il reale, la realtà stessa? E' Lui il Buono o dobbiamo inventare noi stesi ciò che è buono? La questione di Dio è la questione fondamentale, che ci conduce al bivio dell'esistenza umana. Che cosa deve fare il salvatore del mondo o che cosa non deve fare? E' questa la domanda sottesa alle tentazioni di Gesù...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Il battesimo di Gesù viene così inteso come compendio di tutta la storia, in esso viene ripreso il passato e anticipato il futuro. L'ingresso nei peccati degli altri è discesa all' "inferno" - non solo, come in Dante, da spettatore, ma "com-patendo" e, con una sofferenza trasformatrice, convertendo gli inferi, travolgendo e aprendo le porte dell'abisso. E' discesa nella casa del male, lotta con il Forte che tiene prigioniero l'uomo (e quanto è vero che tutti noi siamo tenuti prigionieri dalle potenze senza nome, che ci manipolano!). Questo Forte, invincibile con le sole forze della storia universale, viene sopraffatto e legato dal più Forte che, essendo della stessa natura di Dio, può prendere su di sé tutta la colpa del mondo e la esaurisce soffrendola fino in fondo - nulla tralasciando nella discesa nell'identità di coloro che sono caduti. Questa lotta è la "svolta" dell'essere, che produce una nuova qualità dell'essere, prepara un nuovo cielo e una nuova terra.
Il sacramento - il Battesimo - appare quindi come dono di partecipazione alla lotta di trasformazione del mondo intrapresa da Gesù nella svolta della vita che è avvenuta nella sua discesa e risalita...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...A partire dalla croce e dalla risurrezione divenne chiaro per i cristiani che cosa era accaduto: Gesù si era preso sulle spalle il peso della colpa dell'intera umanità; lo portò con sé nel Giordano. Dà inizio alla sua attività prendendo il posto dei peccatori. La inizia con l'anticipazione della croce. Egli è, per così dire, il vero Giona, che aveva detto ai marinai: prendetemi e gettatemi in mare (Gio 1,12). Il significato pieno del battesimo di Gesù, il suo portare "ogni giustizia" si rivela solo nella croce: il battesimo è l'accettazione della morte per i peccati dell'umanità, e la voce dal cielo "Questi è il Figlio mio prediletto" (Mc 3,17) è il rimando anticipato alla risurrezione. Così si comprende il motivo per cui nei discorsi propri di Gesù la parola "battesimo" designa la sua morte.
Solo a partire da qui si può capire il battesimo cristiano. L'anticipazione della morte sulla croce, che era avvenuta nel battesimo di Gesù, e l'anticipazione della risurrezione, annunciata dalla voce dal cielo, ora sono diventate realtà.Così il battesimo con acqua di Giovanni riceve pienezza di significato dal battesimo di vita e di morte di Gesù. Accettare l'invito al battesimo significa ora portarsi al luogo del battesimo di Gesù e così nella sua identificazione con noi ricevere la nostra identificazione con Lui. Il punto della sua anticipazione della morte è ora diventato per noi il punto della nostra anticipazione della risurrezione insieme con Lui...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -


..."Beati i puri di cuore perché vedranno Dio" (Mt 5,8). L'organo con cui si può vedere Dio è il cuore: la mera ragione non basta; perché l'uomo possa arrivare a percepire Dio, le forze della sua esistenza devono agire insieme. La volontà deve essere pura e già prima dev'esserlo il fondo affettivo dell'anima, che indirizza la ragione e la volontà. "Cuore" indica appunto questo gioco d'insieme delle forze percettive dell'uomo, in cui è in gioco anche il giusto intreccio di corpo e anima, che appartiene alla totalità della creatura chiamata "uomo". La fondamentale disposizione affettiva dell'uomo dipende proprio anche da questa unità di anima e corpo e dal presupposto che egli accetti insieme il suo essere corpo e il suo essere spirito; che sottometta il corpo alla disciplina dello spirito, senza però isolare la ragione o la volontà ma, accettando se stesso da Dio, riconosca e viva anche la corporeità dell'esistenza come ricchezza per lo spirito. Il cuore - la totalità dell'uomo deve essere pura, intimamente aperta e libera perché l'uomo possa vedere Dio...
Chiedere di Dio, cercare il suo volto - è questo il presupposto basilare per l'ascesa che conduce all'incontro con Dio...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -


...Possiamo immaginare la straordinaria impressione che dovettero destare la figura e l'annuncio del Battista nell'atmosfera accesa di quel momento della storia di Gerusalemme. Finalmente c'era di nuovo un profeta, qualificato come tale anche dalla sua vita. Finalmente si annuncia di nuovo un agire di Dio nella storia. Giovanni battezza con l'acqua, ma il più Grande, Colui che battezzerà con lo Spirito Santo è già alle porte...
Del battesimo di Giovanni fa parte la confessione: il riconoscimento dei peccati. Il giudaismo del tempo conosceva confessioni di carattere più convenzionale e generico, ma anche l'ammissione personale dei peccati, in cui dovevano essere elencate le singole azioni peccaminose...
Lo svolgimento del battesimo ne è il simbolo. Da un lato, nell'immergersi nell'acqua c'è il simbolismo della morte, dietro il quale sta quello del diluvio che annienta e distrugge. L'oceano nel pensiero degli antichi appariva come la costante minaccia del cosmo, della terra: le acque originarie che possono seppellire ogni vita. Nell'immersione il fiume poteva assumere in sé anche questa simbologia. Ma, in quanto corrente, è soprattutto simbolo di vita: i grandi fiumi - Nilo, Eufrate, Tigri - sono i grandi dispensatori di vita. Anche il Giordano è fonte di vita per la sua terra, lo è ancor oggi. Vi è in gioco la purificazione, la liberazione dal sudiciume del passato, che pesa sulla vita e la altera; si tratta di un nuovo inizio, e cioè di morte e risurrezione, di ricominciare la vita da capo e in modo nuovo. Si potrebbe quindi dire che si tratta di rinascita...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Una casuale scoperta, negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, ha avviato a Qumran degli scavi e portato alla luce dei testi che da alcuni studiosi vengono collegati con un movimento più ampio, gli esseni, conosciuto precedentemente solo in base a fonti letterarie. Era un gruppo che si era staccato dal tempio erodiano e dal suo culto e aveva dato vita nel deserto della Giudea a comunità monastiche, ma anche a una convivenza di famiglie fondata sulla religione, e aveva costituito un ricco patrimonio di scritti e di rituali propri, in particolare anche con abluzioni liturgiche e preghiere comunitarie. Ci colpisce la devota serietà di questi scritti: sembra che Giovanni il Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità. In ogni caso i manoscritti di Qumran presentano molteplici punti di contatto con l'annuncio cristiano. Non è da escludere che Giovanni il Battista abbia vissuto per qualche tempo in questa comunità e abbia in parte ricevuto da essa la sua formazione religiosa.
Tuttavia, l'entrata in scena del Battista portava con sé qualcosa di veramente nuovo. Il battesimo a cui egli invita si distingue dalle solite abluzioni religiose. Non è ripetibile e deve essere attuazione concreta di una svolta che determina in modo nuovo e per sempre la vita intera. E' legato ad un ardente invito a un nuovo modo di pensare e di agire, è legato soprattutto all'annuncio del più Grande che verrà dopo Giovanni...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...Ora qui anche il cristiano si pone la questione: era giusto mettere in pericolo la grande funzione sociale del sabato, rompere il sacro ordine di Israele a favore di una comunità di discepoli che, per così dire, viene definita solo a partire dalla figura di Gesù? Questa questione potrebbe e può chiarirsi solo all'interno della comunità dei discepoli che si viene formando: la Chiesa...La risurrezione di Gesù "il primo giorno della settimana" fece sì che questo "primo giorno" - l'inizio della creazione - divenisse il "giorno del Signore", nel quale confluirono da sé - attraverso la comunione della mensa con Gesù - gli elementi essenziali del sabato veterotestamentario.
Che nel corso di tale processo la Chiesa avesse assunto in modo nuovo anche la funzione sociale del sabato - sempre orientata al "Figlio dell'uomo" - si vide chiaramente quando Costantino, nella sua riforma giuridica cristianamente ispirata, associò a questo giorno anche alcune libertà per gli schiavi e introdusse così nel sistema giuridico basato su principi cristiani il giorno del Signore come il giorno della libertà e del riposo. Trovo molto preoccupante che i liturgisti moderni vogliano nuovamente mettere da parte, come travisamento costantiniano, questa funzione sociale della domenica, che sta in continuità con la Torah di Israele.
Ma qui sorge naturalmente tutto il problema del rapporto tra fede e ordinamento sociale, tra fede e politica...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -


..."chiedere di Dio"...
Sulla bocca di Gesù tuttavia la parola acquista una profondità nuova. Fa parte della sua natura specifica il vedere Dio, lo stare faccia a faccia davanti a Lui, in continuo scambio interiore con Lui - vivere l'esistenza del Figlio. Così l'espressione assume una valenza profondamente cristologica. Noi vedremo Dio quando entreremo nei "sentimenti di Cristio". La purificazione del cuore si realizza nella sequela di Cristo nell'unificazione con Lui. "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). E qui appare ua cosa nuova: l'ascesa a Dio avviene proprio nella discesa dell'umile servizio, nella discesa dell'amore, che è l'essenza di Dio e quindi la forza veramente purificatrice, che rende l'uomo capace di percepire e di vedere Dio. In Gesù Cristo Dio stesso si è rivelato discendendo...
Dio discende fino alla morte sulla croce. E proprio così si rivela nella sua autentica divinità. L'ascesa a Dio avviene nell'accompagnarlo in questa discesa...il cuore puro è il cuore amante che si mette in comunione di servizio e di obbedienza con Gesù Cristo. L'amore è il fuoco che purifica e unisce ragione, volontà, sentimento, che unifica l'uomo in se stesso in virtù dell'azione unificante di Dio, cosicché egli diviene servitore dell'unificazione di coloro che sono divisi: così l'uomo fa il suo ingresso nella dimora di Dio e può vederlo. Ed è questo appunto che significa essere beato...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -



...Il mondo greco, la cui gioia di vivere si rivela in modo meraviglioso nell'epopea omerica, era tuttavia profondamente consapevole del fatto che il vero peccato dell'uomo, la sua minaccia più intima è la "hybris": l'autosufficienza presuntuosa, in cui l'uomo eleva se stesso a divinità, vuole essere lui stesso il suo dio, per essere completamente padrone della propria vita e sfruttare fino in fondo tutto ciò che essa ha da offrire. Questa consapevolezza che la vera minaccia per l'uomo consiste nell'autosufficienza ostentata, a prima vista così convincente, viene sviluppato nel Discorso della montagna in tutta la sua profondità a partire dalla figura di Cristo.
Abbiamo visto che il Discorso della montagna è una cristologia nascosta. Dentro di essa c'è la figura di Cristo, di quell'uomo che è Dio, ma che proprio per questo discende, si spoglia, fino alla morte sulla croce. I santi, da Paolo a Francesco d'Assisi fino a madre Teresa, hanno vissuto questa opzione mostrandoci così la giusta immagine dell'uomo e della sua felicità. In una parola: la vera "morale" del cristianesimo è l'amore. E questo, ovviamente, si oppone all'egoismo - è un esodo da se stessi, ma è proprio in questo modo che l'uomo trova se stesso. Nei confronti dell'allettante splendore dell'uomo di Nietzsche, questa via, a prima vista, sembra misera, addirittura improponibile. Ma è il vero "sentiero di alta montagna" della vita; solo sulla via dell'amore, i cui percorsi sono descritti nel Discorso della montagna, si dischiude la ricchezza della vita, la grandezza della vocazione dell'uomo...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -


...Ebbene, che cosa ha portato Gesù? Abbiamo già incontrato questa domanda e conosciamo pure la risposta:Egli ha portato il Dio di Israele ai popoli così che tutti i popoli ora lo pregano e nelle Scritture di Israele riconoscono la sua parola, la parola di Dio vivente. Ha donato l'universalità, che è la grande e qualificante promessa per Israele e per il mondo. L'universalità, la fede nell'unico Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, accolta nella nuova famiglia di Gesù che si espande in tutti i popoli superando i legami carnali di discendenza: ecco il frutto dell'opera di Gesù. E' questo che lo qualifica come il "Messia"ce dà alla promessa messianica una spiegazione, che ha il suo fondamento in Mosè e nei Profeti, ma che dona a essi un'apertura completamente nuova.
Il veicolo di questa universalizzazione è la nuova famiglia, il cui unico presupposto è la comunione con Gesù, la comunione nella volontà di Dio. Poiché l'Io di Gesù, appunto, non è un Ego caparbio che ruota intorno a se stesso. "Chiunque fa la volontà del Padre mio, questi è per me fratello, sorella e madre" (Mc 3,34s): l'Io di Gesù impersona la comunione di volontà del Figlio con il padre. E' un Io che ascolta e obbedisce. La comunione con Lui e comunione filiale con il Padre - è un sì al quarto comandamento su una base nuova e al livello più elevato. E' l'ingresso nella famiglia di coloro che a Dio dicono Padre e possono dirlo nel "noi" di coloro che con Gesù e mediante l'ascolto a Lui prestato sono uniti alla volontà del Padre e così stanno nel nucleo di quella obbedienza a cui la Torah mira...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -


...La tradizione ha trovato ancora un'altra immagine di afflizione risanatrice: Maria che sta sotto la croce insieme con la sorella, la moglie di Cleofa, Maria di Magdala e Giovanni. In un mondo pieno di crudeltà e cinismo o di connivenza dettata dalla paura ci troviamo di nuovo di fronte - come nella visone di Ezechiele - alla piccola schiera di persone che restano fedeli; non possono ribaltare la sventura, ma nel loro con-patire si schierano dalla parte del condannato, e con il loro con-amare si trovano dalla parte di Dio, che è Amore. Questa compassione fa pensare alla stupende parola di san Bernardo di Chiaravalle nel suo commento al Cantico dei Cantici: "Impassibilis est Deus, sed non incompassibilis" - Dio non può patire, ma può compatire. Sotto la croce di Gesù si comprende meglio la parola: "Beati gli afflitti, perché saranno consolati". Colui che non indurisce il cuore di fronte al dolore, al bisogno dell'altro, che non apre l'anima al male, ma soffre sotto il suo potere dando così ragione alla verità, a Dio, costui spalanca la finestra del mondo per far entrare la luce. A questi afflitti è promessa la grande consolazione...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 


...A questo punto avviene la "svolta". Il figlio prodigo comprende di essere perduto. Comprende che a casa sua era un uomo libero e che i servi di suo padre sono più liberi di lui, che si era creduto totalmente libero. "Rientrò in se stesso" dice qui il Vangelo...vivendo lontano da casa, lontano dalle sue origini quest'uomo si era allontanato anche da se stesso. Viveva lontano dalla verità della sua esistenza.
Il suo ritorno, la sua "conversione", consiste nel fatto che di questo si rende conto, che si riconosce alienato, prende coscienza di essere andato veramente "in un paese estraneo" e che ora ritorna verso di sé. In se stesso, però, trova l'indicazione della via verso il padre, verso la libertà del "figlio". Le parole che si prepara per il ritorno ci permettono di conoscere la portata del pellegrinaggio interiore che egli ora compie. Sono espressione di un'esistenza in cammino, un'esistenza che - attraverso tutti i deserti - ora ritorna "a casa", a se stesso e al padre. Egli è in viaggio verso la verità della sua esistenza e quindi "verso casa". Con questa interpretazione "esistenziale" del ritorno i Padri ci spiegano contemporaneamente che cosa significhi "conversione", quali sofferenze e purificazioni interiori comprenda, e possiamo dire tranquillamente che con ciò hanno capito nel modo giusto l'essenza della parabola e ci aiutano a riconoscerne l'attualità.
Il padre vede il figlio "quando è ancora lontano" e gli va incontro. Ascolta la confessione del figlio e vede in essa il cammino interiore da lui percorso, vede che ha trovato la strada verso la versa libertà....

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -


...Quale fede "testimonia" [il Vangelo di Giovanni] se si è lasciato, per così dire, la storia alle spalle? Come può rafforzare la fede se si propone come testimonianza storica - e lo fa con gran vigore -, ma non offre poi informazioni storiche? Io penso che qui ci troviamo di fronte a un'idea errata di ciò che è storico, a un'idea errata di ciò che è fede e di ciò che è lo stesso Paraclito: una fede che lascia cadere in questo modo la dimensione storica diventa, in realtà, "gnosticismo". Si lascia alle spalle la carne, l'incarnazione, la vera storia, appunto.
Se per "storico" si intende che i discorsi di Gesù tramandati a noi devono avere, diciamo così, il carattere della trascrizione di un nastro magnetico per essere riconosciuti autenticamente come "storici", allora i discorsi del Vangelo di Giovanni non sono "storici". Il fatto però che non rivendichino questo genere di letteralità non significa per niente che siano, per così dire, composizioni poetiche si Gesù create a poco a poco nella cerchia della scuola giovannea, operazione per cui si sarebbe preteso poi la guida del Paraclito. La vera pretesa del Vangelo è quella di aver trasmesso correttamente il contenuto dei discorsi, l'autotestimonianza di Gesù nei grandi confronti svoltisi a Gerusalemme, affinché il lettore incontri davvero i contenuti decisivi di questo messaggio e in esso l'autentica figura di Gesù...

JOSEPH RATZINGER/BENEDETTO XVI - da "Gesù di Nazaret" -


...Ma che cosa significa "volontà di Dio"? Come la riconosciamo? Le Sacre Scritture partono da presupposto che l'uomo nel suo intimo sappia della volontà di Dio, che esista una comunione di sapere con Dio, profondamente inscritta in noi, che chiamiamo coscienza. Ma esse sanno anche che questa comunione di sapere con il Creatore, che egli stesso ci ha dato creandoci "a sua somiglianza", è stata sepolta nel corso della storia - mai estinguibile totalmente, essa tuttavia è stata ricoperta in molti modi; una fiamma debolmente guizzante, che troppo spesso rischia di essere soffocata sotto la cenere di tutti i pregiudizi immessi in noi. E per questo Dio ci ha parlato nuovamente, con parole nella storia che si rivolgono a noi dall'esterno e danno un aiuto al nostro sapere interiore ormai troppo velato.
Il nucleo di queste "lezioni sussidiarie" della storia, nella rivelazione biblica, è il Decalogo del monte Sinai che - come abbiamo visto - dal Discorso della montagna non viene per nulla abolito o reso una "legge vecchia" ma, sviluppato ulteriormente, risplende ancora più chiaramente in tutta la sua profondità e grandezza...
Poiché il nostro essere proviene da Dio, possiamo, nonostante tutte le sozzure che ci ostacolano, metterci in cammino verso la volontà di Dio...

Papa Benedetto  XVI - da "Gesù di Nazaret" -

 
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