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La carretta dei
moribondi – Beata Madre Teresa di Calcutta Appena
arrivò l'alba, madre Teresa tornò a uscire per le strade di Calcutta, con due
suore. La più giovane tirava il carretto. Le strade della «città nera» hanno
i marciapiedi abitati. Uomini e donne di ogni età, quando la fame o la febbre
li abbatte, si distendono sul marciapiede. Attendono la morte. I passanti non
se ne preoccupano. È una cosa normale, di sempre. I
bambini piccolissimi si affannano attorno alla madre morta, gemono per un po'
di tempo. Poi si fanno quieti e tranquilli anche loro. La morte passa per
tutti. Le suore di madre Teresa caricano sul carretto i moribondi e li portano
alla loro casa «Nirmal Hriday»,
che in sanscrito significa: «Cuore Immacolato». Li adagiano su pagliericci
puliti, lavano le piaghe, liberano i corpi dagli insetti, li coprono con un
lenzuolo pulito. Madre
Teresa passa per le lunghe file dei pagliericci accarezzando mani, dicendo
parole di speranza. È una donna piccola e minuta, ha un volto fuori del
tempo, vecchio e insieme luminoso, bello come è bella una roccia corrugata
dal vento e dalla pioggia. La Carità comincia oggi. Qualcuno sta soffrendo oggi, è
per strada oggi, ha fame... oggi. Il nostro lavoro è per oggi...una donna
venne da me con suo figlio e disse: “Madre, sono andata in due o tre posti ad
elemosinare un pò di cibo perché non mangiamo da
tre giorni...”, andai a prendere qualcosa da mangiare e quando tornai il
bambino che aveva in braccio era morto di fame. Non saranno con noi domani se
non li sfamiamo oggi. Perciò preoccupatevi di ciò che potete fare oggi.
(Madre Teresa di Calcutta) |
Il povero e il Papa – Beata Madre Teresa di
Calcutta Il 5 dicembre
1964, Paolo VI terminava il suo viaggio in India, e
all'aeroporto di Bombay salutava la folla. Anche madre Teresa era venuta da
Calcutta per ricevere la benedizione del Papa. Aveva preso
abitazione nel «centro assistenziale» che le sue suore tengono aperto in uno
dei punti più squallidi della periferia. Il giorno
prima, recandosi al grande Oval dove il Papa
concludeva il Congresso Eucaristico Internazionale, era stata attirata da un
forte gracchiare di corvi oltre una fila di baracche. Aveva trovato un
vecchio morente, appoggiato a un albero. Braccia sottili come canne di bambù,
volto raggrinzito e immobile. Con l'aiuto di un ragazzo l'aveva portato al
centro assistenziale. Ora, mentre
Paolo VI salutava la folla, il vecchio stava
morendo, e Teresa era accanto a lui. Scrive Curtis Pepper:
«Lo chiamava per nome, Onil, e gli sussurrava in
bengali parole di conforto. Nessun ospedale aveva voluto ricoverarlo.
Nessuno, in quella città di cinque milioni di abitanti, dove sono censiti
ufficialmente tremila quartieri poveri, aveva il tempo di stringergli la mano
mentre stava per spirare. "Come ti senti. Onil?”
chiese madre Teresa. Per il vecchio non c'era più speranza: la denutrizione
lo aveva ormai sospinto al di là del punto dal quale si può ancora tornare
indietro. Niente, né il cibo, né la scienza, poteva più salvarlo. Clinicamente
Onil era già morto, anche se riusciva a parlare
ancora: "Sono vissuto come un animale ed ora muoio come un essere
umano... Subito dopo spirò tra le braccia della suora che pregava su di lui
in bengali». Madre Teresa
non sapeva che in quello stesso momento il Papa parlava di lei all'aeroporto
di Bombay. Diceva alla folla: «Prima di lasciare l'India, desideriamo offrire
la nostra automobile a madre Teresa, superiora delle Missionarie della
Carità, perché se ne serva nella sua universale missione d'amore». Fonte:
“Madre Teresa di Calcutta”, Teresio Bosco,pagg. 3, 4 e 5 - Ed. Elledici 1991 |
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